lunedì 2 aprile 2012

Tutto è relativo, anche la frittura!

Illustrazione di
Gianluigi Marabotti
Come si legge in Fast Food Nation, sebbene la ricetta delle pommes frites fosse stata importata negli Stati Uniti da Thomas Jefferson nel 1802, le patatine fritte diventarono popolari solo negli anni ’20, diffuse dai veterani della Prima guerra mondiale; erano buone, potevano essere gustate senza posate anche mentre si era alla guida. La grande diffusione però avvenne con le grandi catene di fast food e oggi le patatine fritte sono diventate il piatto pronto più venduto negli USA. Così, se nel 1960 l’americano medio consumava circa 36 chilogrammi di patate fresche e 2 di patate fritte, oggi lo stesso americano consuma 22 chilogrammi di patate fresche e 13 di patatine fritte (il 90% delle quali acquistate nei fast food).

Ma i fritti sono buoni o fanno male? Intorno a questa tecnica di cottura ci sono da sempre una serie di pregiudizi molto radicati che vale la pena analizzare in modo scientifico. La relatività annunciata dal titolo sta infatti in come e dove si frigge, con quali oli, a quali temperature e con quale frequenza si assumono le pietanze fritte.

Gli oli e i grassi sottoposti ad alte temperature subiscono una complessa serie di trasformazioni della loro composizione chimica con formazione di composti che incidono sul valore nutrizionale, sulle caratteristiche organolettiche e sulla salute. Per osservare queste modificazioni non serve andare in laboratorio perché saltano subito all’occhio (e al naso): il colore diventa più scuro, aumenta la viscosità, si forma della schiuma e si sviluppa un caratteristico odore di fritto che, entro certi limiti, è desiderabile ed attraente. La causa di tutto ciò è l’ossidazione degli acidi grassi che porta alla produzione di oltre 400 composti volatili e non.

Proprio per l’importanza che riveste l’argomento, il Ministero della Salute ha scritto una Circolare (n. 1 del 11 gennaio 1991) in cui elenca delle raccomandazioni per l’uso degli oli e dei grassi per frittura. Di seguito ne spiego brevemente alcune:

1) Utilizzare solo oli idonei. In testa c’è ovviamente l’olio di oliva che rappresenta il giusto compromesso tra stabilità e salute, ricco inoltre di antiossidanti naturali (i tocoferoli). Il fatto che conferisca alle pietanze un aroma più deciso, non significa certo che la frittura è più pesante! Non sono adatti invece gli oli di girasole, di mais e di soia, per il loro alto contenuto di acidi grassi più “predisposti” all’irrancidimento.

2) L’olio deve essere ben caldo e abbondante, in modo che la temperatura non si abbassi troppo quando si aggiungono i cibi e che si formi subito la crosta a protezione del prodotto dalla disidratazione e dall’eccessivo assorbimento di olio. L’immersione inoltre deve essere completa, per ridurre le ossidazioni ad opera dell’ossigeno atmosferico.

3) Per ogni cibo esiste una temperatura ottimale che rende il prodotto croccante in superficie e morbido e ben cotto all’interno. Mantenersi comunque sempre al di sotto del punto di fumo.

4) Scolare bene il fritto, in quanto la maggior parte dell’olio viene assorbito proprio quando la cottura è terminata. Per inciso, maggiore è il rapporto superficie/volume e più “unto” è il risultato; così le patatine a bastoncino contengono una percentuale di olio minore (dal 5 al 13%) rispetto alle tradizionali chips (dal 35 al 40%).

5) I recipienti usati devono essere di acciaio inox, in quanto la presenza di tracce di metalli favorisce i processi degradativi.

6) Cambiare con frequenza l’olio e non ricolmare quello usato. Ricordiamoci che buona parte
viene mangiato come parte integrante del manicaretto.

7) Non salare i cibi quando sono ancora sopra l’olio di cottura in quanto si favorirebbe l’irrancidimento.

Impanare (o patellare) si o no? Dipende. La ricopertura dell’alimento è utile quando questo è povero di amido e proteine e ricco di acqua (ad esempio le zucchine o i pomodori) per formare una croccante e gustosa crosta e, volendo, anche per aggiungere un tocco aromatico in più.

La frittura migliore e più sicura rimane comunque quella casalinga ma ricordiamoci che, come disse Paracelso, “è la dose che fa il veleno”.

Infine una curiosità: sebbene la più nota catena di fast food non voglia rivelare la ricetta segreta degli aromi aggiunti alle sue patatine fritte, ha ammesso (rispondendo alle domande del Vegetarian Journal) che parte del caratteristico gusto è ottenuto grazie a prodotti di origine animale.

Eric Schlosser, Fast Food Nation, Il Saggiatore Tascabili 2001

Giuseppe Capano e Luigi Caricato, Friggere bene, Tecniche nuove 2009

Appunti del corso: Tecnologie della ristorazione, Corso di laurea in Scienze e tecnologie della
ristorazione, Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Milano.

(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)

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