giovedì 31 maggio 2012

Acqua: quanta e quale?


Illustrazione di
Gianluigi Marabotti

Nell’uomo l’acqua costituisce il 60-65% del peso corporeo. Questo valore rappresenta una media tra il 75% di idratazione del tessuto muscolare e il 10% del tessuto adiposo. Nelle donne la quantità di acqua corporea è sensibilmente minore, in seguito alla maggior percentuale di massa grassa.
È quindi normale che un atleta, avendo una massa magra particolarmente sviluppata, abbia anche un contenuto idrico totale maggiore rispetto a un soggetto normale. Appare dunque logico che anche una perdita corretta di peso (a carico del grasso corporeo) sia più lenta rispetto a quella associata a scriteriate diete ipocaloriche che determinano perdita di preziosa massa magra accompagnata da una cospicua quantità di acqua corporea (si perdono 3 g di acqua tissutale per ogni grammo di proteine).
Ma dove si trova tutta quest’acqua? Per la maggior parte, circa 2/3, si trova all’interno delle cellule mentre il terzo restante si trova nel comparto extracellulare (liquido interstiziale, sangue, linfa, liquido transcellulare — rappresentato dalle secrezioni come i succhi digestivi, il fluido intraoculare, il liquido cerebrospinale, il liquido sinoviale, ecc.).
È vero che l’acqua viene prodotta nel corso dell’ossidazione dei nutrienti energetici, ma tale quantità non è sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero ed è pertanto un nutriente necessario.
Le sue funzioni sono tantissime:
  • è il solvente di in cui avvengono le reazioni metaboliche
  • è una fonte di sali minerali
  • è il costituente principale delle cellule e ne regola il volume
  • regola la temperatura corporea
  • permette il trasporto dei nutrienti e delle scorie
  • ha una funzione lubrificante a livello del tubo digerente, permettendo la progressione del bolo, e a livello delle giunzioni articolari (liquido sinoviale).
Una perdita anche solo del 5-6% dell’acqua corporea produce seri squilibri e andando oltre il 7% può sopraggiungere il coma e la morte che avviene essenzialmente per due motivi:
  • perché si ha una riduzione del volume plasmatico, che comporta una ridotta ossigenazione dei tessuti
  • perché aumenta la temperatura corporea in seguito all’alterazione del meccanismo di termoregolazione per il quale l’acqua è indispensabile.
Così come è pericolosa la disidratazione, lo è anche l’iperidratazione che può verificarsi nei seguenti casi:
  • per eccessiva assunzione di liquidi da parte di persone nefropatiche
  • a seguito di disturbi psichiatrici
  • per eccessiva introduzione o ridotta escrezione di sodio.
Le conseguenze sono altrettanto gravi in quanto si può avere nausea, vomito, ipertensione, disturbi del sistema nervoso centrale fino al coma e alla morte.
Ma a quanto ammonta il nostro fabbisogno idrico? Bisogna dire che questo valore è influenzato da vari fattori come l’alimentazione, la temperatura ambientale e l’attività fisica. Le RDA (Recommended Dietary Allowance) sono 1,0 ml/kcal per l’adulto e 1,5 ml/kcal per il bambino (corrispondente al rapporto acqua/energia del latte materno). La quota maggiore assegnata all’infanzia è giustificata dal fatto che:
  • il neonato ha una maggiore percentuale di acqua corporea (77% che si abbassa progressivamente a valori simili a quelli dell’adulto con la pubertà, momento in cui si manifesta anche la differenza di idratazione riscontrata nei due sessi)
  • nel primo periodo di vita vi è una minor capacità del rene di eliminare il carico di soluti
  • vi è un maggiore rapporto superficie/volume che espone i bambini piccoli a un rischio più alto di disidratazione
  • il turnover giornaliero dell’acqua corporea è più veloce: nell’adulto è pari al 4% del peso corporeo, mentre nei primi mesi di vita può arrivare anche al 15%.
Si assiste inoltre a un maggior fabbisogno anche durante la gravidanza, l’allattamento e alcuni stati patologici (febbre, vomito, diarrea).
Le entrate idriche sono rappresentate essenzialmente da tre componenti:
  1. 500-900 ml sono introdotti con gli alimenti (il contenuto di acqua nei cibi solidi varia dallo 0% per lo zucchero e l’olio, all’80% per la frutta e il latte)
  2. 800-1500 ml sono assunti con le bevande; gli alcolici, il caffè e le bibite tipo cola non sono buoni sostituti dell’acqua in quanto alcol e caffeina favoriscono le predite idriche (in particolare l’etanolo inibisce l’azione dell’ormone ADH)
  3. 300 ml sono costituiti dall’acqua endogena prodotta dal metabolismo. Un grammo di carboidrati produce 0,6 g di acqua, un grammo di proteine ne produce 0,4 g e da un grammo di lipidi ne derivano 1,1 g.
L’acqua assunta con i cibi e le bevande viene assorbita maggiormente, per il 70-80%, a livello dell’intestino tenue e in minor misura nel colon.
Le uscite invece sono rappresentate da:
  1. la perspiratio insensibilis (600-1000 ml al giorno) ossia il vapore acqueo perso con l’aria espirata e con l’evaporazione attraverso la cute che varia in base alle condizioni ambientali (un aumento di 7° C, da 24 a 31, raddoppia la quota persa con la perspirazione), al metabolismo basale, alla temperatura corporea (un aumento di soli 2° C comporta un aumento dell’evaporazione del 50%), al vestiario, ecc.
  2. le feci; soli 100-150 ml al giorno grazie all’efficiente riassorbimento di liquidi contro gradiente di concentrazione che avviene nel colon
  3. il sudore
  4. le urine; il volume medio è di circa 1300 ml al giorno (500-600 ml sono la quota minima richiesta per eliminare le scorie metaboliche).
Le prime tre componenti sono perdite extrarenali obbligatorie e non dipendono dall’assunzione di acqua, mentre le perdite renali possono essere entro certi limiti regolate mediante l’eliminazione di urine più o meno concentrate.
Il mantenimento del bilancio idrico avviene attraverso due meccanismi principali: il senso della sete e l’emuntorio renale.
Ma quando abbiamo sete? I segnali sono molti e diversi: influisce la distensione dello stomaco, la secchezza della bocca e la gittata cardiaca. Il centro della sete è localizzato nell’ipotalamo e ha il delicato compito di integrare i diversi tipi di segnali mediante il monitoraggio continuo dell’osmolarità dei liquidi extracellulari. Lo stesso ipotalamo produce l’ormone peptidico ADH (ormone antidiuretico o vasopressina) che limita le perdite idriche attraverso un maggiore riassorbimento di acqua a livello dei tubuli distali e dei dotti collettori e la formazione di urina ipertonica (più concentrata).
In definitiva quando il centro della sete percepisce una tendenza alla disidratazione determina un risparmio di acqua persa con le urine e ci spinge a bere attraverso lo stimolo della sete.
Che caratteristiche deve avere l’acqua come alimento? Deve essere innanzi tutto microbiologicamente pura e deve avere un contenuto minerale appropriato; infatti l’acqua distillata (come l’acqua piovana e la neve sciolta) non è adatta al consumo umano. A questo proposito nella Comunità Europea si distinguono le seguenti tipologie diacque minerali:
  • Minimamente mineralizzate (residuo fisso < 50 mg/l); tipiche di zone montane dove le piogge sono abbondanti
  • Oligominerali (residuo fisso 50 – 500 mg/l); prive di particolare sapore e dal moderato effetto diuretico
  • Mineralizzate (residuo fisso 500 – 1500 mg/l); più o meno gasate, con sapore più marcato e con un ruolo biologico determinato dal tipo di sale prevalente (acque solfate, clorurate, calciche, bicarbonate, florurate, ferruginose, sodiche e magnesiache). Le caratteristiche dipendono dal luogo di formazione
  • Ricche di sali minerali (residuo fisso > 1500 mg/l).
L’acqua poi non è solo un nutriente ma è il primo integratore per lo sport! (Sete di sport)
Per approfondimenti:
(Articolo scritto per La Scuola di Ancel)


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