Illustrazione di Gianluigi Marabotti |
L’associazione
fra sedentarietà e cancro del colon è quella più forte e meglio
documentata e può, anche se solo in parte, spiegare la maggior
frequenza di questa malattia nelle nazioni industrializzate e nelle
aree urbane.
È
ormai noto il potere preventivo dell'attività fisica nei confronti
di numerose malattie quali quelle metaboliche, cardiovascolari,
articolari e oncologiche. Ma
oggi sappiamo di più. L'esercizio fisico è stato eletto a nuovo
farmaco, prescritto con precisione in termini di qualità e quantità
nel caso in cui le stesse patologie si siano già manifestate.
A
tal proposito è opportuno fare chiarezza sui diversi termini, usati
spesso come sinonimi, per definire il movimento:
- l'attività fisica può essere definita come qualsiasi movimento del corpo prodotto dalla contrazione muscolare che aumenti il dispendio energetico;
- l'esercizio fisico è una sottocategoria di attività fisica di cui viene definita la quantità, l'intensità e la frequenza dei diversi movimenti strutturati in modo ripetitivo per migliorare o mantenere la forma fisica;
- lo sport è una sottocategoria di esercizio fisico regolamentato e finalizzato alla competizione.
Attualmente
sono numerosi i gruppi di ricerca che si occupano di studiare
l'associazione tra attività fisica e tumori, non solo dal punto di
vista della riabilitazione.
Secondo
i dati del Cancer Institute di Boston, sarebbe sufficiente camminare
per soli 30 minuti tutti i giorni per ridurre del 15% il rischio di
contrarre un tumore al colon.
È
comprensibile che lo sport non sia il primo pensiero di un ammalato,
ma se le linee di ricerca ad oggi aperte continuano su questa strada,
è molto probabile che diverrà parte integrante delle moderne
terapie.
Un
esempio ci arriva da un grande del ciclismo, Lance Armstrong, al
quale fu diagnosticato un tumore del testicolo. Dopo l'operazione e
la chemioterapia l'atleta non solo è tornato a gareggiare, ma anche
a vincere per ben sette volte consecutive il Tour de France.
Ovviamente questo è un caso limite, reso possibile dalle
straordinarie doti fisiologiche dell'atleta in questione, ma l'idea
di prescrivere un programma di esercizio fisico per rendere più
facile il recupero da un intervento e per sopportare meglio le cure
chemioterapiche sta rapidamente prendendo piede in numerose strutture
di eccellenza.
I
vantaggi non sarebbero solo psicologici ma riguarderebbero il
miglioramento della forza muscolare, della capacità aerobica e della
composizione corporea; inoltre il movimento, fatto secondo precisi
criteri, gioverebbe anche alla condizione di fatica cronica che
spesso accompagna la chemioterapia.
Il
programma ideale di allenamento è basato su un'attività aerobica di
media o bassa intensità che tiene conto delle eventuali preferenze
della singola persona e del livello di attività fisica “basale”.
Per chi parte da una situazione di sedentarietà è buona cosa essere
graduali nell'incrementare lo sforzo impiegato ad esempio aumentando
la distanza percorsa di poche centinaia di metri per volta.
Certo, un aspetto
di cui tenere conto negli studi futuri è quello di ridurre il più
possibile l'influenza dell’esposizione ad altri fattori di rischio
come la dieta, l'uso di fumo e alcolici e la predisposizione
genetica.
Vivere la
malattia in modo attivo è più conveniente, da tutti i punti di
vista.
(Burnham
TR, Wilcox A - Effects of exercise on physiologicaland psychological variables in cancer survivors – Med Sci Sports
Exerc. 2002 Dec;34(12):1863-7)
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(Ringrazio la Dott.ssa Tiziana Stallone e Gianluigi Marabotti)
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