domenica 29 aprile 2012

Alimentazione e Parkinson


Illustrazione di
Gianluigi Marabotti

Il Parkinson è una patologia cronica dovuta alla degenerazione dei neuroni dopaminergici della sostanza nera, una particolare area del sistema nervoso centrale che controlla principalmente i movimenti. Si tratta di una malattia con evoluzione lenta e progressiva, che presenta complicanze motorie (il noto tremore, ad esempio) e non motorie (scialorrea, disfagia, stipsi, ecc).
La terapia d’elezione prevede l’utilizzo di Levodopa, un precursore fisiologico della dopamina che viene rapidamente assorbito a livello intestinale con un meccanismo di trasporto in competizione con altri aminoacidi derivanti da proteine alimentari. Per questo motivo è fondamentale che i pazienti in terapia siano attentamente seguiti a livello alimentare, in modo che non assumano proteine contemporaneamente al farmaco determinando così una competizione per il suo l’assorbimento. Ciò ridurrebbe drasticamente l’efficacia della terapia in quanto la Levodopa non riuscirebbe a raggiungere il cervello, esponendo quindi il paziente al rischio di blocchi motori dopo i pasti.
Altri fattori che possono influenzare l’assorbimento del farmaco sono rappresentati ad esempio dal consumo di pasti molto abbondanti o grassi (viene rallentato lo svuotamento gastrico) e dalla presenza di stipsi.
Oltre ad interagire strettamente con la terapia, indispensabile per migliorare la qualità di vita dei pazienti, l’alimentazione ha anche un ruolo cardine nel mantenere un buono stato nutrizionale in una patologia in cui spesso si assiste a malnutrizione per difetto (spesso dovuto all’elevato dispendio energetico conseguente alla presenza di importanti movimenti involontari) o per eccesso. A tutto ciò contribuiscono anche fattori psicologici come la depressione e la solitudine, che possono determinare una riduzione dell’appetito o l’impossibilità di preparare pasti adeguati. Non per ultimi incidono la difficoltà a deglutire e la lentezza dei movimenti.
L’ intervento nutrizionale di elezione in questi casi è rappresentato da una dieta mediterranea bilanciata, in grado di garantire il giusto apporto calorico e proteico (0,8g di proteine per Kg di peso ideale), con l’attenzione importante di non assumere proteine nella prima parte della giornata, limitandole quindi al solo pasto serale.
Poiché anche i cereali (pane, pasta, ecc.) contengono una quota proteica rilevante, in alcuni casi risulta molto vantaggioso utilizzare prodotti specifici che hanno la caratteristica di avere una buona densità calorica ma meno dell’ 1% di proteine.
In caso di stipsi viene consigliata una adeguata introduzione di acqua (1,5 litri al giorno) e di fibre, attraverso il consumo di frutta, verdure ed eventualmente di probiotici. Se presente anche disfagia dovranno allora essere utilizzati alimenti con consistenza omogenea (ad esempio creme, passati e mousse) oppure modificati con l’aggiunta di addensanti; da evitare la classica pastina in brodo o il minestrone, che rendono ancora più difficile la deglutizione.
Mangiare aproteico non significa mangiare triste. Ecco la dimostrazione:
Linguine al pesto d’ asparagi
Per una persona servono:
100 g di linguine aproteiche
100 g di asparagi
20 g di pinoli
20 g olio extra verdine di oliva
mezzo limone
noce moscata q.b.
sale q.b.
Preparazione:
Pulire e lessare gli asparagi. Mettere da parte le punte mentre la parte tenera del gambo andrà messa nel mixer insieme al succo di mezzo limone e ai pinoli per ottenere una crema liscia ed omogenea.
Nel frattempo cuocere le linguine aproteiche in abbondante acqua bollente. A cottura ultimata unire con il pesto, decorare con le punte tenute da parte e con i pinoli rimasti leggermente tostati e, in fine, spolverizzare con la noce moscata.
Fonte:
Atti del corso di formazione “Il trattamento del paziente di Parkinson oltre la terapia farmacologica” – Brain and Malnutrition – Milano 30 marzo 2012

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